entrare in clubhouse

La mia esperienza dopo qualche settimana nel nuovo social

Clubhouse mi ricorda quella serata di non so quanti anni fa (meglio non fare il calcolo).

Io e la mia compagna di classe Giulia eravamo andate a Milano, dove lei aveva un piccolo appartamento.

La sera – tirate a lucido per immergerci nella movida milanese – ci siamo dirette verso una famosa discoteca. Arrivate lì, abbiamo trovato una discreta fila e ci siamo preparate mentalmente ad aspettare un tempo indefinito per entrare. A un certo punto però, il buttafuori ci fa cenno di avvicinarci. Ci squadra e con la testa fa un impercettibile segno, aprendo la corda che ci separa dall’ingresso.

Non sono mai stata una regina delle discoteche e quella sensazione mi è rimasta appiccicata sulla pelle: l’ego che si gonfia come un palloncino, mentre salti la fila ed entri per il MERITOCRATICISSIMO criterio basato sull’aspetto fisico (e probabilmente sul fatto che eravamo due ragazze senza accompagnatori).

Ecco – dicevo – Clubhouse mi ricorda un po’ questo: se hai Android, stai fuori. Se nessuno ti manda l’invito, stai fuori. Se hai un qualche handicap che non ti permette di parlare o udire, stai fuori. Insomma, è chiaro no? Si punta sempre a lui, all’ego delle persone.

L’ego è come un leone affamato di conferme e complimenti, perciò niente lo renderà più felice che sentirsi ‘dentro’.

Sono rimasta in osservazione silenziosa di questo nuovo social network per un paio di settimane circa e poi, del tutto inaspettatamente, mi sono ritrovata in una ‘room’ a condividere il racconto dei miei due parti in casa maternità.

E di nuovo, in un’altra room a parlare di ‘donne e digitale’.

È assolutamente prematuro trarre delle conclusioni ma ecco alcune considerazioni in ordine sparso:

  1. Niente andrebbe escluso a priori, quindi se in qualche modo la tua presenza digitale è importante per il lavoro che fai, meglio provare a entrare e rimanere per un po’, per poi fare le tue valutazioni.
  2. Troverai sicuramente qualche tematica di tuo interesse e potresti imparare qualcosa di nuovo, o comunque ricevere spunti interessanti.
  3. Di certo è un’occasione per fare networking con professioniste che hanno a che fare con il tuo settore, e ricordiamoci che un freelance non è un lupo solitario: fare rete porta tanti vantaggi, tra cui quello di farti conoscere e affermare il tuo brand.
  4. È una palestra per vincere le tue resistenze a parlare in pubblico; potresti cominciare con un piccolo intervento su una tematica nella quale ti senti totalmente a tuo agio (anche se magari non c’entra nulla con il tuo lavoro).
  5. Potresti decidere di usarlo come una sorta di podcast – magari intervistando professionisti complementari a quello di cui ti occupi – oppure organizzando delle tavole rotonde.

Per quanto mi riguarda, la nota dolente è che è decisamente un social ruba-tempo, molto più di altri. Infatti, tutto avviene live, quindi non c’è modo di salvare le conversazioni per ascoltarle in un momento in cui ti fa comodo. Per altro, se vuoi parlare, devi aspettare il tuo turno e ci potrebbe volere un po’ prima che ti venga data la parola.

La conseguenza è che può facilmente farti venire quell’ansia di starti perdendo qualcosa di importante… magari vedi la notifica e inizia una lotta intestina sul fatto di entrare o meno nella stanza.

In aggiunta, ogni tuo intervento – sia che tu sia un semplice ospite o l’organizzatore della ‘stanza’ – non può essere salvato e quindi non potrai riutilizzarlo su altre piattaforme.

In conclusione, non mi sento ancora di esprimere un giudizio definitivo su Clubhouse.

Sarà davvero utile per trovare nuovi clienti? Vale il tempo che spendi? Rimarrà com’è o cambierà nel tempo? O magari diventerà una funzionalità che acquisiranno anche gli altri social network?

Lo scopriremo solo vivendo (e sperimentando).

raccontare il fallimento per trovare clienti

Perché al cliente interessa di quando hai fallito.

Sei mai stata a Londra?
 
E’ una città che amo particolarmente, e non solo perché ogni volta mi riempie di energia e creatività come quei bomboloni che quando li mordi ti esplode la crema tra le labbra, ma anche perché ci ho vissuto 4 mesi.
 
Sì, io e il mio futuro marito abbiamo passato lì un po’ di tempo per fare un’esperienza di vita all’estero: lui studiava inglese mentre io lavoravo come commessa in un delizioso negozietto di abbigliamento per donna.
 
Quando è stato il momento di tornare a casa, due parole suonavano ininterrottamente nella mia testa: concept store.
 
Decisi così di aprirne uno: un negozio di abbigliamento prevalentemente handmade – fatto da bravissime artigiane italiane e non – accessori originali e uno spazio per piccoli eventi.
Di questa esperienza durata un paio d’anni non c’è traccia nel mio cv, semplicemente perché non è rilevante rispetto alla strada che ho deciso di intraprendere successivamente, però ho deciso di parlartene.
 
Il pubblico bolognese abituato alla dicotomia ‘catene low cost VS brand di lusso’ non capì più di tanto il progetto, modellato sullo spirito e la mentalità londinese. 
Facebook era ancora giovane e una piattaforma non dedicata al business, mentre Instagram aveva appena fatto la sua timida comparsa in Italia: così, non avevo né le conoscenze né gli strumenti giusti per far conoscere il mio piccolo concept store alla nicchia giusta, che sicuramente sarebbe stata in target con quello che proponevo.
 
Non posso dire che fu un disastro, anzi, avevo diverse clienti fedeli, ma l’affitto esorbitante e la concorrenza dei brand low cost che stavano prendendo sempre più piede non mi consentirono di andare avanti.
 
Non ti nego che ci ho messo anni a digerire quel ‘fallimento’, parola che oggi non uso più (fallire vuol dire semplicemente che un’esperienza non è andata come previsto, ma non è una stigmate) ma che mi ha segretamente accompagnato e condizionato per i 5 anni successivi.
 
Perché ti ho raccontato tutto questo?
 
Perché voglio invitarti a raccontare il fallimento.
 
Sì, anche se viviamo in una società che spinge sempre a mostrare il lato migliore e nascondere le ‘rogne’, il tuo pubblico ne ha bisogno.
Che tu sia un’ottima professionista lo possono vedere da tutto ciò che condividi, dal tuo cv/profilo Linkedin e da un eventuale portfolio, ma che sei la professionista che fa per loro come fanno a saperlo?
Non sarà certo raccontando ogni giorno che sei la migliore nel tuo campo che li convincerai, perché non so se l’hai notato ma tutti sembrano essere i migliori nel loro campo. 😉

 
I tuoi potenziali clienti hanno bisogno di entrare in connessione con te e con le tue emozioni (di brand): non vogliono la lista dei tuoi successi, ma vogliono conoscere i momenti difficili, le incertezze, le cadute e tutto ciò che ti ha portato ad essere chi sei ora.
Naturalmente questo vale sia che parli di te in prima persona, come ho fatto io prima, sia che racconti a nome del brand.

Puoi raccontare ad esempio di quel tessuto che ti piaceva tanto ma che si è rivelato un disastro da cucire, di quel fornitore che ti ha lasciato a piedi facendoti tardare nelle consegne, ti quel libro che non sei mai riuscita a finire o di quella strategia social che non ha funzionato per niente.
 
Nessuna storia è fatta solo di glitter: non vergognarti di mostrare anche ciò che non ha brillato, perché per progredire abbiamo bisogno di sfide e le sfide implicano diverse cadute.

Sicuramente è stato proprio il ‘fallimento’ a farti crescere con il turbo nel lavoro… e nella vita.

lavorare nell'editoria

Ti affascina il mondo dell’editoria e ti sei sempre chiesta come funzioni?

Sara Gavioli ci racconta il suo lavoro nell’editoria e ci dà spunti utili per essere creativi, disciplinati e sempre ispirati 😉

L’ho scoperta grazie al suo canale Youtube dove parla proprio di questo, attraverso una visione a 360 gradi: dall’interno come editor ma anche come autrice, e dall’esterno, come appassionata lettrice.

Insomma, il mondo delle parole è il suo pane quotidiano e penso si possa imparare molto sullo storytelling grazie ai suoi video, anche se non si ha intenzione di pubblicare nulla.

. Sara, raccontaci chi sei e che lavoro fai.

Salve e grazie mille per avermi accolta sul tuo blog.

Descrivere il mio lavoro è sempre complicato, specialmente se provo a spiegarlo a chi non conosce l’editoria o il mondo dei freelance. Potrei dire che vivo immersa nelle storie: ne leggo, per valutarle, correggerle e proporle, ma ne scrivo anche.

Sono poi un’accanita lettrice nel tempo libero, quindi immagina: le mie giornate ne sono piene.

Gestisco un canale su YouTube in cui parlo (indovina un po’?) di editoria e scrittura, e dall’anno scorso porto avanti ben due podcast – “Nelle storie” e “Ikigai”- per discutere della vita creativa e di storie dense di significato.

Sono molto attiva su Instagram e lì mostro la mia quotidianità, intervallando contenuti più leggeri a discorsi di approfondimento sul mondo editoriale.

Non ho ancora finito: a settembre uscirà il mio romanzo, “Clinamen”, che sto autoproducendo con orgoglio.

Insomma, ora che ci penso faccio davvero tante cose. 

. Cosa rappresenta per te la scrittura nella vita?

Questa è una domanda importante.

Me la sono posta diverse volte, in passato. Il mio mestiere porta al contatto con l’editoria e con il lato più “commerciale” dei libri: quello delle selezioni severe e delle pubblicazioni finalizzate al fatturato di un’azienda. Man mano ho iniziato però ad allontanarmi da questo modo di vedere la scrittura, non perché il guadagno non conti (bando alle ipocrisie, certo che conta!) ma perché mi sono appassionata al mondo degli autori. Oserei dire a quello degli “emergenti”, parolaccia tremenda.

La scrittura è sempre uno strumento per comunicare, ma ogni dattiloscritto inedito contiene ben più del mero racconto che viene narrato. Ci sono dentro sogni, aspettative, insicurezze, progetti. Gli autori sono quasi sempre un po’ ingenui e hanno un’idea semplicistica di come la pubblicazione possa funzionare, però la loro ingenuità mi ha aiutata a vedere il lato genuino dell’espressione creativa.

La mia “mission”, diciamo, è di essere per loro un aiuto. Non una guru, per carità, ma al contrario una voce sincera che li avverta e li prepari. Ecco, questo è lo scopo che mi prefiggo nel lavoro.

Per quanto riguarda ciò che scrivo io, invece, scrivere significa dare qualcosa. Qualcosa che non riuscirei a dare in un altro modo e che spero rimanga con i lettori anche dopo.

. Quali pensi siano le chiavi per una comunicazione efficace?

Prima di tutto, l’onestà. Il pubblico non è composto da stupidi e si accorge delle contraddizioni in poco tempo.

I “follower” non sono dei numerini senza faccia ma delle persone. Mi stupisco sempre quando chi mi segue dice di essere sorpreso dalle mie risposte: a volte passo ore a mandare messaggi vocali in cui dialogo con qualcuno, ma non ci vedo nulla di strano. “Community” vuol dire comunità, dunque interazione.

Certo, a volte non è semplice star dietro a tutto e anch’io posso ritardare nelle risposte, specialmente via e-mail (vi scrivo presto, giuro!) ma faccio davvero tutto ciò che posso per rispondere ogni volta, anche a semplici dubbi.

E poi… Forse una cosa che ha funzionato con me è evitare lo snobismo. Mi ripetono spesso che sono rassicurante e facilmente approcciabile, “una di noi”. Mi fa sorridere perché è ovvio che io lo sia, ma a volte essere dall’altro lato del cellulare crea idee strambe e si inizia ad allontanarsi dalla propria community e sembrare irraggiungibili, forse.

. Cosa consigli a chi si sente sempre a corto di idee?

Sono piuttosto asociale, ma in questo caso consiglierei di uscire. Di ascoltare e guardare la gente, al parco, sui mezzi, per strada. Io trovo ispirazione così: il mondo è pieno di storie, le si incontra anche scendendo le scale prima di varcare il portone di casa.

Un’altra fonte di idee possono essere le notizie di cronaca, o ancora videogame, film, altri libri. Non sto consigliando di copiare, ma di “riempirsi”, di nutrire il nostro cervello. 

. Scrittura e disciplina: come fai a trovare un ritmo regolare e ottimizzare il tempo?

Uno dei complimenti che ricevo riguarda la mia capacità di portare avanti mille progetti. Ne sono fiera, anche se la causa è che sono una persona un po’ strana: alterno periodi d’attività frenetica ad altri in cui non mi alzo più dal letto. Posso giustificarmi dicendo che gli artisti sono sempre un po’ matti, giusto?

Comunque, sono anche una fan dell’organizzazione. Mantenere una routine aiuta moltissimo: al mattino, mentre sorseggio il primo (di tanti) caffè, inizio la giornata ascoltando una puntata di un podcast creativo, poi mi metto al lavoro fino all’ora di pranzo. Quel piccolo momento iniziale mi dà la carica per le ore successive.

Credo che prevedere del tempo da dedicare a noi stessi, per fare una passeggiata, un bagno rilassante o solo per rimanere sul divano a vegetare, sia importante. Per il resto, all’inizio si sbaglia; provando e riprovando, secondo me tutti possono trovare il proprio ritmo.

Non possiamo essere produttivi ventiquattro ore al giorno, del resto.

Grazie Sara per questa interessantissima intervista!

scrivere bio efficace

“La semplicità è la più grande sofisticatezza’

Lo diceva Leonardo da Vinci e penso che questa geniale affermazione, ancora così contemporanea, dica tutto di lui.

E quando qualcuno mi chiede aiuto perché la sua BIO sia efficace, non posso che pensare al caro Da Vinci.

Forse non sai che:

. Ha fatto importantissimi studi sull’urbanistica: quando ci fu la peste a Milano, sviluppò un progetto di città ideale, basata sulle esigenze dei cittadini.

Ad esempio, inserì una rete di canali per lo smaltimento dei rifiuti e delle sopraelevate per consentire il passaggio dei pedoni.

. Grazie a lui, sono nate nuove tecnologie: è merito delle sue macchine per volare, simili ad uccelli, se oggi abbiamo gli aeroplani… E dici poco!

. Ha dato un importante contributo come scrittore: la sua prosa è considerata una delle più pregevoli e importanti del Rinascimento italiano.

. Era un grande artista: ha inventato o utilizzato alla loro massima espressione tecniche molto particolari, come la prospettiva aerea, lo sfumato leonardesco ecc. I suoi dipinti non hanno bisogno di ulteriore pubblicità direi 🙂

Insomma, ti immagini se Leonardo avesse dovuto scrivere in poche righe la bio risolutiva per il suo sito web? O, ancora più complesso, per il suo profilo Instagram?

Quale lato far emergere… Leonardo ingegnere? Urbanista? Artista? Scrittore? 

La risposta è: dipende dal target, dai potenziali clienti da attrarre.

Immagina infatti, se tu stessi cercando un determinato servizio, e capitassi sul sito di una persona che nella sezione ‘about’ scrive di sé che è un asso nella scrittura, nella scienza e nelle arti. Ti fideresti? Io credo di no.

Dalla bio deve emergere la tua unicità, qualcosa che le persone non possano trovare in un tuo competitor, qualcosa che le attiri proprio verso di te. E perché sia davvero efficace, al suo interno chi legge deve trovare la risposta a un bisogno.

Per quanto riguarda il caro Leo invece, beh, io scriverei semplicemente: GENIO.

scegliere angolazione per raccontarsi

Sono subdoli.

Si nascondono, si mimetizzano nel testo e non basta rileggere una volta per avere la certezza di un contenuto senza errori errori.

Che tu debba scrivere i post del blog, la newsletter ma anche i testi per i tuoi social, ecco qualche strategia per aiutarti a trovare errori ortografici, di battitura e tutto ciò che merita una correzione.

Inizio con il dirti che il nostro cervello non è un buon alleato, perché ha l’abitudine di completare in modo autonomo le frasi e, se la prima e l’ultima lettera di una parola sono corrette, riesce a leggere senza problemi tutta la parola.

Prova a leggrere qusete palrole: fai mollta faitca? 

Io non credo 🙂

Ecco perché rileggere un paio di volte non è sufficiente, e nemmeno il programma di scrittura che sottolinea i termini sbagliati (ti consiglio comunque sempre di fare il controllo ortografico con il pc).

3 metodi efficaci per aiutarti a eliminare gli errori ortografici:

. LEGGI AD ALTA VOCE

So che costa fatica ma la lettura ad alta voce ti consente subito di capire se la punteggiatura è ottimale, se il ritmo delle frasi rende il testo interessante e se è il caso di aggiungere o (molto più frequentemente) togliere qualcosa.

. LEGGI DALLA FINE ALL’INIZIO 

Rileggere a partire dall’ultima parola, fa sì che tu non proceda in automatico, ma ti soffermi su ogni singolo termine.

E’ una gran noia ma aiuta davvero molto!

. CAMBIA FORMATO

Specialmente se si tratta di testi lunghi, non usare solo il pc ma rileggi anche da telefono. In alternativa, puoi modificare la grandezza e il font del carattere.

Di nuovo, offri al tuo cervello un diversivo che lo ostacoli nel rileggere con il pilota automatico.

Tip da lucciola:

L’ho provato sulla mia pelle e mi ha portato a non vedere un errore… Non inserire modifiche all’ultimo minuto!

Inutile fare tutto il lavoro di rilettura, se poi poco prima di pubblicare inserisci delle modifiche. Niente ti impedisce di farlo, ma allora ricomincia da capo con le tecniche precedenti. Altrimenti è un attimo e l’errore ortografico si insinuerà senza che tu te ne accorga.

E, considerando che avrai letto e straletto ogni parola, non potrai che tirare una piccola testata contro il muro e imparare la lezione per la volta successiva. 😉

3 tecniche per rileggere
per eliminare gli errori cambia dispositivo

Parlare al tuo potenziale cliente, significa scrivere personas efficaci

Lo so, quando un business prende vita, ci sono moltissime voci da considerare. Ma ti garantisco che creare le personas dovrebbe essere una delle tue priorità.

Cosa sono le personas?

Sono i profili del tuo cliente ‘tipo’, quello che è in target con il tuo prodotto o servizio, quello a cui devi pensare ogni volta che comunichi qualcosa.

Infatti, più spenderai tempo su questa operazione, meno rischierai di parlare a tutti… e a nessuno.

Ma dove li trovo questi clienti ideali? 

Ti do un indizio, ci sono altri posti dove guardare oltre alla tua mente!

. Se hai un sito, una pagina Facebook e/o un profilo Instagram, puoi sicuramente capire molto da Google Analytics e dagli insight di Facebook e Instagram.

Questi strumenti ti danno la possibilità di scoprire se chi frequenta il tuo mondo è in prevalenza uomo o donna, che età ha, dove si sofferma maggiormente, come arriva a te, cosa cerca, a che ora ecc. Tutte informazioni davvero preziose.

. Se invece sei ancora all’inizio, vai a cercare su Facebook e Instagram i tuoi potenziali competitors: fai un giro approfondito tra i commenti per estrapolare più dati possibile. 

E anche se il business è già avviato, è sempre utilissimo fermarsi a leggere di cosa parlano, cosa lamentano e cosa cercano le persone che si rivolgono ai tuoi competitor.

. Infine, usa le interviste o i questionari.

Ogni volta che qualcuno acquista qualcosa da te, fagli avere un breve questionario nel quale lasciare la sua opinione. 

Oppure, puoi creare un questionario più generico e trovare persone che abbiano voglia di compilarlo all’interno di gruppi Facebook che ruotano attorno al tuo settore. 

Se, ad esempio, vendi prodotti per la cura della casa, puoi cercare gruppi Facebook a tema pulizia o gestione domestica. 

Diventa un’accanita lettrice di commenti e discussioni in tutti i contesti che possono fornirti informazioni utili per la tua attività. Questo anche dopo che avrai individuato le tue personas, perché troverai sempre spunti e riscontri nuovi.

Ora che hai raccolto i tuoi dati, passa all’azione!

Hai tracciato tre o quattro profili del tuo cliente tipo

Adesso, fingi di essere un regista e dover inserire ogni profilo in un cortometraggio della sua vita.

Raccontami del tuo protagonista: come si chiama? Quanti anni ha? Dove e con chi vive? Cosa gli piace? Cosa non gli piace? Che lavoro fa? Che bisogni ha? Che sogni ha?

Non porre limite alle domande e lavora di fantasia.

Ti troverai con descrizioni molto dettagliate e, da quelle, potrai estrapolare le caratteristiche principali di ogni personaggio. 

Crea le tue carte di identità e, ogni volta che inizi a scrivere qualcosa, pensa di rivolgerti proprio a loro.

Ok ok, ho capito cosa sono le personas ma… fammi un esempio dai.

Bene. Allora mettiamo che tu venda un corso su come mettere in pratica famoso metodo Montessori nell’educazione quotidiana del bambino.

  • Un tuo cliente tipo è Nadia.

Nadia è una mamma, ha 33 anni e di professione fa la grafica freelance. 

Ama il suo lavoro, che le consente di sviluppare la sua creatività ed entrare in contatto con altri professionisti. 

Il lavoro per lei è una dimensione nella quale essere se stessa, ricordando i tempi in cui erano solo lei, il suo cane e il suo fedele pc.

Ha un bambino di nome Fabio, che ha 2 anni. Fabio è la luce dei suoi occhi e insieme sono un’esplosione di risate. 

Prima di essere mamma, Nadia aveva uno stile di vita un po’ nomade e amava molto non avere troppi vincoli di orario, improvvisare.

Con suo figlio ha uno stile ‘easy’, che si traduce con un’educazione affettuosa e flessibile, poche regole (ma importanti) e molta attenzione verso uno stile di vita che lo aiuti a sviluppare le sue potenzialità.

Nadia adora fare giochi creativi insieme al suo bambino, lunghe passeggiate col cane (un border collie di nome Frank) e cenare sul tappeto insieme a suo marito, con cui sta insieme da 5 anni (un matrimonio con pochi invitati, a tema Indie).

E’ vegetariana, predilige giochi semplici e sostenibili. Il suo colore preferito è il verde.

Anche suo marito, che è un designer d’interni, crede molto nella sostenibilità.

Potrei continuare ancora, ma penso tu abbia afferrato. 

Ora estrapoliamo le caratteristiche che riteniamo più rilevanti per te, che vendi un corso sul metodo Montessori.

Nadia è una mamma, ha 33 anni e di professione fa la grafica freelance. 

E’ creativa e non ama troppo i vincoli.

E’ vegetariana, ha un cane e predilige giochi semplici e sostenibili.

Ha scelto un’educazione che aiuti suo figlio a sviluppare le sue potenzialità.

Ecco qua la tua prima personas. 

Ora mettiamo che tu decida di scrivere un post su Instagram proprio rivolto a lei.

Personas

Da bambino le altezze non fanno paura.

Non pensi alle vertigini e a ‘cosa succederebbe se’.

Pensi a quanto sono minuscole le cose dall’alto, agli uccelli che ti volano intorno, a toccare con il dito – finalmente! – il bordo di una nuvola.

Per aiutare il tuo bambino a volare in alto, lasciagli la libertà di usare tutta la sua immaginazione.

Saprà trasformare un aereo azzurro in un compagno fedele, pronto a caricarlo sulle spalle per fare un lungo, bellissimo giro del mondo.

Forza, tocca a te. Vai a fare amicizia con le tue personas. ☺